domenica 27 novembre 2016

Elogio dell'incertezza



Con Cartesio la filosofia viene ripensata da capo a partire dal soggetto, dalla soggettività. L’ego cogito, l’io penso, il soggetto diventano il nuovo fondamento sul quale erigere l’edificio del sapere. Significa che la filosofia parte da una certezza indubitabile, qualcosa di indiscusso: quando dubito, penso. Il pensiero è il punto cruciale che attesta il fatto di esistere. Mentre penso è una conditio sine qua non fondamentale, vuol dire che se per caso ci fosse un’interruzione del pensare non sono certo della mia esistenza.
Io sono certo che la mia realtà interiore sia popolata da pensieri, del fatto di essere una sostanza pensante. Dei miei pensieri ho un’intuizione diretta, immediata, come potrei dubitare di questo? Ai miei pensieri corrisponde la realtà al di fuori di me. Ad esempio ho un’idea una rappresentazione di albero nella mia mente. Il problema è, alla mia mozione di albero corrisponde un ente reale al di fuori della mia mente? Alle mie rappresentazioni corrispondono delle realtà o sono ingannevoli? Questo è il problema della conoscenza. Cosa posso conoscere? Quali sono i limiti della conoscenza? Sono osservazioni che discendono da Cartesio e pervengono al rapporto tra l’io e il mondo. 

La domanda "cosa sappiamo con certezza" oggi risulta oltremai scomoda. Il tempo accelerato al quale siamo sottoposti, ma potremmo anche dire nel quale ci lasciamo cadere, scarta a priori la possibilità di un pensiero profondo, meditativo, critico. Scivoliamo spesso in quelle che Starnone (Internazionale 1181 del 25 novembre 2016)  chiama "comode caselle", ovvero etichette che ci allocano in posizioni rassicuranti riconoscibili in brevi didascalie superificiali e generiche. Appena si gratta un poco la superficie con discorsi complessi le sicurezze potrebbero vacillare.
Certamente questo impoverimento non permette di orientarsi nel mondo in modo serio, in quanto la labilità delle considerazioni immediate, veloci e dirimenti diventano piuttosto un paravento.

Recentemente un articolo a firma di Carlo Rovelli "L'incertezza per compagna di viaggio" (La lettura, Corriere della Sera, 6 novembre 2016) rileva un fattore interessante dell'incertezza presentando la lezione di Bruno de Finetti, un matematico e filosofo italiano. A partire dal pensiero scientifico e le sue applicazioni nei quali la scienza dichiarava un sapere certo, seguendo le correnti successive che ne decretavano l'incertezza, date le evidenti approssimazioni su teorie anche rivoluzionarie come quelle di Newton, Finetti analizza il valore della conoscenza in mancanza di certezze assolute. La veridicità delle teorie viene quindi posta nel soggettivismo, nella persona ciascuna portatrice di credenze, idee, probabili o meno che ribaltano la certezza. 

Rovelli termina rilevando un insegnamento interessante dalle posizioni di Finetti che riguardano la nostra vita sia spirituale che civile: se l'incertezza non è eliminabile può diventare un punto di forza nella visione della nostra vita. Una "compagna gentile e cara" che ci pone in uno stato di desiderio, di curiosità, di ricerca, di scoperta dell'inaspettato per restituire all'essere umano una dimensione di conoscenza fondamentale alla quale affidarsi. Di conseguenza si manifesta un'attitudine nel ricercare un senso di esistenza più profondo.

Per approcciare questo modello occorre accostarsi a un pensiero riflessivo che si ispira anche ad uno sguardo rispettoso nei confronti dei bambini. Pensiamo allo sforzo e alle competenze raffinate che loro mettono in atto a partire dai primi giorni di vita per appartenere al mondo, per entrare in relazione e per contribuire con i loro apporti in modo attivo e flessibile.  

Riporto l'incipit del libro "I bambini pensano grande" (Sellerio, 2014) di Franco Lorenzoni  "I pensieri infantili sono sottili. A volte sono così affilati da penetrare nei territori più impervi arrivando a cogliere, in un istante, l'essenza di cose e relazioni. Ma sono fragili e volatili, si perdono già nel loro farsi e non tornano mai indietro. 
Così alla maggior parte delle bambine e dei bambini non è concesso il diritto di riconoscere la qualità dei propri pensieri e rendersi conto della loro profondità. A volte non è concesso neppure di arrivare ad esprimerli, perchè un pensiero che non trova ascolto difficilmente prende forma e respiro."

Questo libro registra fedelmente i pensieri dei bambini e il processo di sostegno reciproco, tra l'adulto e i bambini, in una relazione pedagogica. I bambini "trasformati in aiutanti magici, come nelle fiabe, ci hanno aiutato a guardare e scoprire qualcosa di noi stessi". Consigliato a coloro che si nutrono di incertezze!


 

giovedì 17 novembre 2016

Educazione di una canaglia

E' possibile essere scrittori e canaglie? A questa domanda risponde egregiamente Edward Bunker  nel suo capolavoro Educazione di una canaglia in cui racconta la storia della sua vita a partire dalle prime esperienze da carcerato all'età di diciassette anni. La crudezza delle descrizioni si contrappone ad una sorta di immagini edulcorate, trasgressive e inimmaginabili. La scrittura spinge il lettore a conoscere le emozioni più recondite e i  meccanismi dei suoi comportamenti, comprese le conseguenze.
A partire da questa domanda una riflessione sul risollevarsi da condizioni precarie e vulnerabili merita attenzione. La letteratura scientifica ed autobiografica sulla resilienza indica che i percorsi possano essere deviati verso un orizzonte migliore invertendo la rotta disegnata da un fato avverso. Questo è più facile se si incrociano persone che ci danno una mano, che ci offrono un cenno assertivo, di conforto e sostegno. Spesso queste persone nascondono un proprio "pentolino" come nel libro di Isabelle Carrier per Kite Il pentolino di Antonino.

Incontrare "soffiatori d'anima" come li definisce Cyrulnik in grado di restituire ai bambini e ai loro genitori una nuova prospettiva potrebbe essere l'elemento cruciale per molte famiglie vulnerabili. In questi giorni ho trovato una definizione di vulnerabilità commovente quale "il cuore dell'esperienza umana più significativa" nella quale si trova la fragilità derivante dall'esposizione all'amore, all'appartenenza, alla connessione più vera dell'essere umano con il prossimo.
Nel complesso lavoro con le famiglie, gli educatori hanno la possibilità di esercitare un ruolo fondamentale attraverso la co-educazione creando attraverso legami di alleanza un progetto educativo condiviso in una partecipazione autentica e vera. Avere i genitori dalla parte della scuola è quindi sinonimo di professionalità e consapevolezza indiscutibili e pregevoli. Nell'ottica delle teorie dell'ecologia dello sviluppo umano e della resilienza, la relazione tra genitori e insegnanti è un sostegno straordinario per lo sviluppo del bambino. Se il bambino è una "canaglia" allora gli strumenti dell'insegnante debbono garantire un'attenzione particolare che nasce dalla consapevolezza della possibilità di far rientrare quel bambino in un percorso migliore nell'orizzonte dell'educabilità umana, sempre possibile e realizzabile in un progetto di vita individuale. Considerare il contesto di vita risulta cruciale per fare un lavoro di rammendo puntuale che svincoli il bambino ad un destino contrastabile con la professionalità.
Operare quindi per riallacciare i fili di una relazione proficua tra genitori e figli secondo la visione ecologica, che prevede una collaborazione vivace e vera tra multiprofessionalità, è una sfida affascinante alla quale tutti coloro che ruotano attorno alla famiglia possono aderire. L'ottica da assumere riguarda l'andare verso quella famiglia, aprirsi a modalità diverse per trovare il tassello giusto in quel puzzle, cercando anche negli interventi domiciliari quell'intimità che a volte permette un rispecchiamento, un guardare con compassione un volto e valorizzare il portato dell'individuo qualunque esso sia.
Nella pedagogia della famiglia e non solo, vengono presi in considerazione i fattori di vulnerabilità e di resilienza che giocano a favore o contro la riorganizzazione negativa o positiva secondo la definizione di Daniel e Rodrigo nel modello "resilience matrix" (vedi figura).
Occorre quindi conoscere in modo approfondito questi fattori, gli eventi e le circostanze della vita della famiglia e soppesare di conseguenza le fasi di un intervento mirato per sostenere la genitorialità in una prospettiva protettiva e di empowerment.

In Italia il progetto PIPPI (Programma di Intervento Per la Prevenzione dell'Istituzionalizzazione) si sta diffondendo sempre di più, per rispondere in maniera concreta ai bisogni emergenti delle famiglie vulnerabili.

L'unione fa la forza, si dice e si può "fare". La gratificazione che deriva dal vedere un bambino e una famiglia rimesse nei binari giusti è impagabile.

Siamo in un paese che ha sviluppato teorie e programmi di rilievo di sostegno alla genitorialità, non solo su base teorica bensì si tratta di linee guida che hanno dato origine a degli strumenti concreti per approcciare la famiglia in modo costruttivo, creativo, generativo. Mi riferisco al citato PIPPI, a Nati per Leggere e Nati per la Musica, a Genitori più. Questi strumenti sono a disposizione di molti operatori che sempre più sono consapevoli della necessità di collaborare per avere una visione più completa che permetta di agire efficacemente.